L’asma da sforzo o asma indotto dall’esercizio è condizione di infiammazione cronica delle vie aeree associato ad un loro restringimento acuto (broncocostrizione) a seguito di una attività fisica vigorosa (aerobica) o iperventilazione che può manifestarsi nel soggetto affetto da asma bronchiale. L’attacco d’asma da sforzo può avere conseguenze anche serie: può trattarsi infatti di una grave crisi respiratoria che, in alcuni casi (fortunatamente minoritari), richiede immediato intervento terapeutico. Ma come viene diagnosticata e quali sono le misure preventive per evitare le crisi correlate all’asma da sforzo?
L’asma indotto dall’esercizio o EIA (Exercise Induced Asthma), più comunemente detta appunto asma da sforzo, è una situazione patologica che corrisponde a un insieme di sintomi e segni tipici dell’asma bronchiale. Viene tuttavia specificamente innescata da un’intensa attività fisica che ne rappresenta lo stimolo (un trigger) in un contesto di patologia asmatica, per esempio durante la pratica di sport aerobici come la corsa. L’asma da sforzo è talvolta definita con l’acronimo EIB (Exercise Induced Bronchoconstriction) ovvero broncocostrizione indotto dall’esercizio fisico e nonostante i due termini siano spesso usati come sinonimi, propriamente non lo sono poiché indicano infatti due condizioni cliniche differenti.
Mentre infatti l’asma da esercizio fisico è una vera e propria patologia, la broncocostrizione indotta dallo sforzo fisico ne rappresenta soltanto la condizione transitoria e ne riflette il processo patologico sottostante; talora è proprio la broncocostrizione ad essere considerata condizione di ulteriore verifica per malattia asmatica vera e propria.
L’EIA è quindi a tutti gli effetti una manifestazione clinica di asma bronchiale; pare infatti che l’EIA, comunemente associata ad iperattività dei bronchi, possa anticipare un vero quadro di asma. In alcuni soggetti lo sforzo fisico è quindi il solo elemento in grado di scatenare la crisi d’asma, mentre in altri la manifestazione è associata ad altri fattori, ad esempio gli allergeni. L’asma da sforzo fisico è infatti spesso frequente negli asmatici con rinite allergica. Secondi alcuni studi l’asma da sforzo colpisce fino al 90% dei soggetti asmatici e fino al 40% dei soggetti affetti da rinite allergica senza asma noto.
Quali sono i sintomi dell’asma da sforzo?
La crisi da asma da sforzo presenta sintomi del tutto riconducibili a quelli dell’asma più in generale: difficoltà respiratoria (specie nella fase espiratoria), respiro sibilante, tosse secca e sensazione di costrizione toracica con o senza dolore. Questa variegata manifestazione sintomatologica è spesso innescata da fattori tra cui appunto l’esercizio, ma anche l’esposizione ad allergeni o sostanze irritanti, cambiamenti climatici o infezioni virali.
Naturalmente, ai sintomi clinici dell’asma vi corrisponde una riduzione del un rendimento atletico, tale da poter compromettere la prestazione sportiva.
Come vedremo, la crisi asmatica di solito compare entro un intervallo di circa mezz’ora dalla conclusione dello sforzo; perdura per circa un’ora per poi andare incontro a remissione completa entro l’ora successiva. Talora ciò non avviene, e quando la crisi respiratoria risulti particolarmente severa, si può rendere necessario un intervento medico. Di conseguenza diventa estremamente importante riconoscere i sintomi che giustificano l’immediato intervento sanitario: difficoltà di respirazione (persistente anche in seguito al recupero dallo sforzo), affanno (che non accenna anch’esso a scemare con il trascorrere del tempo) e mancata efficacia dei farmaci di sollievo immediato quali, ad esempio, i broncodilatatori.
Quando arriva l’attacco d’asma da sforzo?
In generale, sia i soggetti sani che gli asmatici rispondono all’esercizio con una iniziale broncodilatazione (probabilmente mediata dalle catecolamine). Ma tale risposta è breve perché seguita dal ritorno al normale calibro delle vie aeree alla fine dell’attività fisica. Nei pazienti affetti da asma da sforzo, invece, alla iniziale broncodilatazione segue un restringimento delle vie aeree che coincide con la comparsa dei sintomi acuti asmatici quali la tosse, il respiro sibilante, la dispnea e la sensazione di costrizione toracica. Riproducendo l’esercizio fisico in laboratorio si assiste alla comparsa di massima broncocostrizione dopo 5-10 minuti dal termine dell’attività fisica, con durata complessiva da mezz’ora a un’ora.
Normalmente quindi l’asma non si presenterà durante lo sforzo, ma solo dopo circa dieci minuti dalla fine della prestazione. Si risolverà, di solito, in maniera spontanea nell’arco dell’ora successiva. A volte, è però possibile il verificarsi di complicanze anche molto serie, fortunatamente poco frequente.
Perché si verifica l’asma da sforzo?
Si ipotizza che le cause scatenanti la crisi respiratoria dopo uno sforzo fisico siano da ricondurre a due elementi principali: lo scambio di calore con la perdita di acqua e il riscaldamento delle vie aeree. Questi processi possono agire singolarmente, sebbene più spesso operino in modo congiunto.
Il primo si lega alle condizioni ambientali in cui lo sforzo fisico si compie come in ambienti con aria fredda.
Un esempio: un esercizio di corsa all’aperto richiede un aumento della ventilazione nel tempo, per aumentata richiesta di ossigeno nel sangue, che di fatto supera il volume d’aria che può essere inspirato attraverso il naso. Se tale volume d’aria viene respirata dalla bocca bypassa le normali funzioni di riscaldamento e umidificazione a cui viene sottoposta all’interno delle cavità nasali. Ecco che, non potendo essere preriscaldata e adeguatamente umidificata dalle vie aeree superiori, questa raggiunge ancora fredda l’albero bronchiale, specie se l’attività fisica viene eseguita a temperature fredde e in ambienti secchi. Raggiunte le basse vie aeree, la mucosa a questo livello tenta di compensare la funzione nasale e per prima cosa si verificano flussi di calore e di acqua. La perdita di acqua per evaporazione delle vie aeree potrebbe modificare l’osmolarità dei componenti cellulari ed extracellulari della parete bronchiale, stimolando un aumento del flusso sanguigno bronchiale per aumentare l’apporto idrico. Ma è anche stato ipotizzato un altro elemento, l’effetto osmotico, che potrebbe essere coinvolto nello scatenare attacchi d’asma da sforzo fisico. Le mucose delle vie aeree, infatti, sono ricoperte di muco. L’iperventilazione che avviene durante lo sforzo provoca l’espirazione di grossi volumi di vapore acqueo provocando nel muco un’eccessiva concentrazione degli ioni che induce a sua volta la degranulazione dei mastociti (le cellule immunitarie residenti nella mucosa delle vie aeree); la mucosa quindi libera dei mediatori chimici dell’infiammazione che determinano il broncospasmo e l’ostruzione delle vie respiratorie.
Altra ipotesi proposta come causa di restringimento bronchiale dell’asma da sforzo è il riscaldamento delle vie aeree secondo cui la perdita di calore associata all’esercizio fisico produrrebbe una riduzione transitoria del flusso dei vasi sanguigni a livello bronchiale.
Al termine dell’esercizio si avrà tendenzialmente un veloce recupero della normale temperatura con conseguente ripristino del volume ematico fisiologico. Questo fenomeno nei soggetti sani avviene senza alcuna conseguenza, nel soggetto asmatico, la modificazione del calibro dei vasi a livello dei bronchi determina una loro congestione con accumulo di liquidi (edema della parete), che a sua volta causa riduzione del calibro delle vie aeree provocando attacchi di tosse.
All’interno del quadro eziologico troviamo alcuni elementi ricorrenti quali, per esempio:
- Fattori predisponenti: una familiarità per asma, ovvero un parente di primo grado affetto da asma, una condizione di atopia senza asma e presenza di fibrosi cistica. Gli atleti di alto livello possono essere più predisposti a sviluppare asma da sforzo.
- Fattori scatenanti: si potrebbe pensare che il fattore scatenante dell’attacco d’asma da sforzo sia, in effetti, lo sforzo fisico in sé con elevata ventilazione al minuto di aria fredda e secca, tipica degli sport invernali quali ad esempio il pattinaggio artistico e l’hockey su ghiaccio.
- Fattori favorenti: l’asma da sforzo può essere favorito da diversi fattori -alcuni dei quali estremamente comuni e ricorrenti- quali l’aria particolarmente secca con basse percentuali di umidità, bassa temperatura, inquinamento atmosferico, allergeni vari (tra cui ad esempio i pollini).
Come si diagnostica l’asma da sforzo fisico?
Va subito precisato che non è sempre semplice effettuare una corretta diagnosi di asma da sforzo, specialmente quando questa riguarda i bambini. Ecco perché si ritiene che l’incidenza della malattia sia fortemente sottostimata. Molto spesso, infatti, le difficoltà del bambino che soffre di EIA vengono interpretate come un semplice basso livello di impegno rispetto a quello profuso dai compagni; non viene colto invece come effettiva condizione patologica.
Il modo più accurato per effettuare una diagnosi di asma da sforzo richiede l’impiego di protocolli di esercizio validati associati alle prove di funzionalità respiratoria.
Per formulare una diagnosi quantomeno presuntiva di asma da sforzo ci si avvale solitamente di un esame obiettivo del paziente e dell’analisi anamnestica. Elementi importanti nella storia clinica includono il livello e il tipo di esercizio fisico che scatena l’asma, i tempi di insorgenza dei sintomi, le condizioni ambientali e i sintomi precisi manifestati. Molti dei sintomi di asma da sforzo possono mimare altre patologie ad esempio cardiache, otorinolaringoiatriche, atopiche, psichiatriche o da decondizionamento fisico. Tuttavia i sintomi correlati a queste altre condizioni sono generalmente più marcati durante l’esercizio di provocazione piuttosto che al suo termine, quando la limitazione al flusso d’aria dovuta all’asma da sforzo raggiunge solitamente il suo picco. Inoltre, è opportuno effettuare test specifici per determinare la presenza o meno di asma: ad esempio la spirometria, esame molto semplice e non invasivo, che tuttavia permette di ottenere la certezza della presenza o meno della patologia. Il medico deve documentare un’ostruzione delle vie aeree che raggiunge il suo picco dopo la provocazione, durante cioè il periodo di recupero.
I test di provocazione bronchiale vengono impiegati per individuare l’iperreattività delle vie aeree e possono essere classificati in diretti e indiretti. Tra i metodi indiretti troviamo l’esercizio fisico mentre tra i metodi diretti sono è descritta l’inalazione di metacolina. I metodi indiretti scatenano l’iperreattività delle vie aeree mediante meccanismi diversi che influenzano il rilascio di mediatori infiammatori e causano broncocostrizione.
Il test di stimolazione con l’esercizio implica dai 6 ai 10 minuti di esercizio con ergometro o su tapis roulant (o treadmill), sufficiente per incrementare la frequenza cardiaca all’80-90% del massimo teorico predetto. Il test viene generalmente considerato positivo negli adulti se nelle prove di spirometrie ripetute a 5 minuti di distanza l’una dall’altra, a sforzo fisico ultimato, il volume espiratorio forzato al primo secondo (FEV1) diminuisce di più del 10% e di oltre 200 mL rispetto al valore basale o nei bambini se il valore del FEV1 si riduce più del 12% del valore teorico predetto o si assiste alla diminuzione del picco di flusso espiratorio (PEF) superiore al 15%.
Alternativamente, test surrogati di valutazione dell’iperreattività bronchiale vengono eseguiti in laboratori specialistici. Il metodo più comune di provocazione diretta è il test alla metacolina che è supportato dalla sua standardizzazione e riproducibilità.
Come prevenire l’asma da sforzo?
Va premesso che, come si è fin qui visto, l’asma da sforzo è una patologia da non sottovalutare. La combinazione di misure generali e interventi farmacologici può prevenire l’insorgenza dell’asma da sforzo. Un obiettivo importante è infatti assicurarsi che l’esercizio fisico non venga evitato dai pazienti affetti da asma. È anzi possibile svolgere con profitto attività fisica a livello agonistico, a patto di farlo sotto controllo medico e adottando gli opportuni accorgimenti. Rimane comunque indubbio che il miglioramento della fitness cardiovascolare non possa che migliorare l’attività respiratoria in quanto riduce la ventilazione al minuto richiesta a parità di esercizio svolto, diminuendo così lo stimolo alla broncocostrizione.
Tra i provvedimenti non farmacologici bisogna considerare il processo alla base di tale condizione. Tra i provvedimenti di profilassi si consiglia di evitare gli esercizi che espongono il paziente all’aria fredda e secca, privilegiando quelli in cui il paziente respira aria umida durante l’attività fisica. Inoltre i pazienti possono ridurre la severità dei sintomi dell’asma da sforzo respirando attraverso le cavità nasali piuttosto che attraverso la bocca durante l’esercizio. Le maschere facciali o la protezione della bocca durante l’attività sportiva possono essere utilizzate con beneficio dai soggetti che sono impossibilitati ad impiegare il naso per respirare.
Il ruolo del controllo gli ambienti avversi nel ridurre la sintomatologia dell’asma da sforzo non è stata formalmente studiata ma si ritiene ragionevole ridurre il tasso delle cloramine nelle piscine interne o evitare allergeni o le ore di maggiore livello di traffico outdoor per allenarsi all’esterno.
Infine, nei pazienti con asma bronchiale che presentano sintomi d’asma da sforzo l’ottimizzazione della terapia dell’asma è fondamentale. Infatti assicurarsi che i pazienti conoscano quando e come impiegare il trattamento farmacologico sotto indicazione medica può rafforzare enormemente l’efficacia di tali misure terapeutiche.