L’asma del fornaio, nota anche come asma del panificatore, è la più grave delle manifestazioni cliniche nei soggetti esposti professionalmente a farine di frumento. Generalmente l’evoluzione naturale di questa malattia inizia dalla sensibilizzazione, la successiva comparsa di orticaria, rinite, condizione solitamente più frequente e infine l’asma bronchiale.
Gli allergeni presenti nelle farine di cereali sono stati a lungo considerati la causa principale. Sono rilevanti anche altri ingredienti presenti nell’impasto, come gli enzimi utilizzati per migliorarne la qualità, o contaminanti come le muffe. La farina è una miscela complessa di peptidi e zuccheri, molti dei quali sono dei potenziali allergeni che possono indurre sensibilizzazione dopo inalazione.
Il meccanismo patogenetico presenta ancora degli aspetti poco chiari, ma diverse evidenze indicano che il meccanismo immunologico primario è legato allo sviluppo di atopia con la produzione di immunoglobuline di tipo E (IgE); in seguito l’infiammazione delle vie aeree viene sostenuta anche da altri meccanismi, oggetto di ricerca. L’atopia risulta essere un forte fattore di rischio per lo sviluppo dell’asma da farine, così come i livelli di esposizione a farina di frumento. Il meccanismo di base dello sviluppo della malattia considera l’attivazione della risposta allergica da parte delle cellule T (particolari cellule immunitarie) che con la secrezione di molecole quali le citochine (come l’interleuchina-4 o interleuchina-5) instaurano e mantengono l’infiammazione delle vie aeree.
Dal punto di vista clinico è difficile distinguere l’asma occupazionale da quella causata da altri agenti ambientali. È necessario pertanto verificare la presenza di causalità tra malattia ed esposizione lavorativa. Il corteo sintomatologico può variamente comprendere sibili espiratori, dispnea e tosse. I sintomi possono presentarsi durante il lavoro ma non esclusivamente in ambiente professionale.
Dal punto di vista diagnostico è importante la raccolta anamnestica comprensiva di quella professionale, l’esame obiettivo, una valutazione funzionale con test di funzionalità respiratoria in fase di diagnosi e di monitoraggio come risposta alla terapia (spirometria basale ed eventuale test di reversibilità bronchiale) e test di broncostimolazione aspecifica (test alla metacolina, all’istamina ed ad altri stimoli) e una diagnosi eziologica basata sui test allergologici e sul test di broncostimolazione specifica. Quest’ultimo, per evidenziare in modo inequivocabile una relazione causale tra l’agente e lo sviluppo dell’asma, prevede l’inalazione in forma di aerosol, gas o particelle di piccole dosi progressivamente crescenti, dell’agente occupazionale considerato responsabile dell’asma. Vengono eseguite prove di funzionalità respiratoria prima dell’esposizione controllata e poi in successione. La positività dell’esame viene dichiarata per un calo di almeno 20% del FEV1 rispetto al basale.
La presenza di una componente atopica può essere identificata tramite test cutanei per lo screening dei comuni inalanti e degli allergeni inalatori professionali o con il dosaggio di IgE specifiche nel siero da richiedere in casi di dubbi interpretativi dei test cutanei o come conferma.
L’approccio terapeutico di questo tipo di asma professionale non differisce da quello dell’asma allergico ambientale e mira a raggiungere e mantenere il controllo dei sintomi respiratori. È inoltre importante evitare o contenere gli stimoli che scatenano l’asma. Se da una parte la terapia dell’asma con i farmaci steroidei e broncodilatatori serve a controllarne i sintomi, dall’altra esiste la possibilità di una prevenzione a lungo termine mediante l’immunoterapia specifica.